SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO

GiacomoMessa

Dal libro del Deuteronòmio

Mosè parlò al popolo dicendo:
«Ricòrdati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore, se tu avresti osservato o no i suoi comandi.
Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore.
Non dimenticare il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; che ti ha condotto per questo deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz’acqua; che ha fatto sgorgare per te l’acqua dalla roccia durissima; che nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri».

Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».


OMELIA

sabato 24 maggio 2008 [Scarica]

Quando ero bambino, due cose soprattutto ricordo della presenza di Gesù nell’Eucaristia.
La prima cosa è il silenzio delle nostre chiese, la prima cosa, quando magari mia mamma mi portava a fare una visita a Gesù in Chiesa, se entravo in chiesa c’era assoluto silenzio. Magari qualche volta c’era il mio vecchio parroco in ginocchio a dire il breviario.
La prima cosa, la prima cosa pensando all’Eucaristia, è il silenzio delle nostre chiese. Come è importante il silenzio delle nostre chiese!
Nella preghiera di san Riccardo Pampuri la prima cosa che di lui si dice: “Hai pregato nel silenzio delle nostre chiese”. La prima cosa che si dice di san Riccardo, la prima cosa che si dice del popolo cristiano, che ha pregato nel silenzio delle nostre chiese.

E poi la seconda cosa, la seconda cosa che mi ricordo di me bambino era il Corpus Domini, l’ottava del Corpus Domini.
Il Corpus Domini allora era il giovedì, non era il sabato o la domenica, era il giovedì e per otto giorni tutte le sere dopo il Corpus Domini c’era l’ottava, e per otto giorni alla sera c’era il canto di compieta, si cantava compieta tutta in latino, ed era un canto bellissimo, ricordo ancora gli inni e i salmi di compieta cantati, e poi tutte le sera c’era la processione, la processione del Corpus Domini. E la più solenne era quella del giovedì del Corpus Domini che concludeva, il giovedì dopo che concludeva l’ottava.

Mi ricordo il silenzio e mi ricordo il canto di tutto un popolo alla sua presenza.
Queste due cose, queste due cose fanno quello che, quello che il cuore cristiano, il cuore cristiano vive di fronte alla sua presenza.
Il silenzio di colui che, come dice sant’Alfonso, di colui che è stato giorno e notte nel tabernacolo aspettando, chiamando e accogliendo.
Come sono belli questi tre verbi: aspettando, aspettando che qualcuno, che qualcuno, passando davanti alla chiesa, possa entrare anche solo per mettersi un istante in ginocchio o anche solo per dire a un bambino piccolo di mandare un bacio a Gesù, presente nel tabernacolo, aspettando; chiamando, chiamando perché se la sua Grazia non tocca il cuore, se con la sua Grazia non chiama non si entra e non si va davanti al tabernacolo a mettersi in ginocchio; aspettando, chiamando e accogliendo, come è dolce questo essere accolto, come è dolce questo essere abbracciato, come è potente il canto della sua chiesa, di questo piccolo gregge, in questo mondo, in questo mondo forse sempre più piccolo, ma come è potente il canto alla sua Chiesa a Colui, a Colui che è rimasto presente, a Colui che è presente, è presente nel suo Corpo e nel suo Sangue, è presente Lui fisicamente, fisicamente presente come fisicamente è risorto nel suo corpo dai morti.
Come è pieno di dolcezza!
È imparagonabile questa dolcezza, imparagonabile a ogni dolcezza, come è pieno di dolcezza questo silenzio e questo canto.

E così mi colpiva la prima lettura perché dopo tanti anni, dopo tanti anni, come il cammino del popolo nel deserto, in cui il Signore, il Signore,… è come esser grati al Signore, il Signor mio che mette alla prova per gustare poi la dolcezza di questo pane, come una cosa miracolosa che dopo tanti anni si ritorna al silenzio del bambino, si ritorna al canto, al canto del popolo cristiano, a quel silenzio.
E quel canto è riempito di tutta la sua realtà, della realtà della sua misericordia, della realtà della sua dolcezza, della realtà della sua fedeltà.
Così che qui in terra, qui in terra si avvicina sempre più, si avvicina sempre più il Paradiso.