XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

GiacomoMessa

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési
Fratelli, lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene.
Per il resto, fratelli, pregate per noi, perché la parola del Signore corra e sia glorificata, come lo è anche tra voi, e veniamo liberati dagli uomini corrotti e malvagi. La fede infatti non è di tutti. Ma il Signore è fedele: egli vi confermerà e vi custodirà dal Maligno.
Riguardo a voi, abbiamo questa fiducia nel Signore: che quanto noi vi ordiniamo già lo facciate e continuerete a farlo.
Il Signore guidi i vostri cuori all’amore di Dio e alla pazienza di Cristo.

 

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».


OMELIA III Domenica di Avvento

sabato 10 novembre 2007 [Scarica]

Sono le ultime domeniche dell’anno della Chiesa, poi inizierà il nuovo anno della Chiesa con l’avvento.
In queste domeniche la Chiesa ci aiuta, ci aiuta a guardare quello che il catechismo chiama i novissimi, le ultime cose, le ultime cose: la morte, il giudizio, l’inferno e il paradiso. Queste le cose definitive, le cose ultime oltre le quale, come dice Gesù nel Vangelo di oggi, non c’è altro: la morte con il giudizio, il giudizio particolare per ognuno di noi, e poi o la vita eterna o la dannazione per sempre.

Ma la cosa che più conforta oggi, nelle letture di oggi, è la lettera di san Paolo, perché la lettera di san Paolo descrive il cammino, il cammino della sua Chiesa in questo tempo, nel tempo della pazienza. Come è bella l’ultima espressione: “Il Signore diriga i vostri cuori”, diriga vuol dire che li conduca e che li prenda in braccio e che li sollevi, “diriga i vostri cuori nell’amore di Dio”. Nell’amore di Dio, suo, verso di noi, nella carità di Dio verso di noi, e nell’essere voluti bene da Dio, nell’essere prediletti da Dio e nella pazienza di Cristo, nella pazienza di Cristo.
Questa pazienza di Cristo, come definisce il cammino, il cammino dei cristiani, come definisce il cammino dei figli di Dio! Come definisce il cammino della Chiesa: la pazienza di Cristo.

Sant’Agostino suggerisce che la parola pazienza non deriva da “patire”, non deriva da “soffrire”, ma la parola pazienza deriva dal portare.
Avere pazienza significa portare l’attesa.
Avere pazienza non vuol dire di per sé soffrire, o può essere anche che la sofferenza colpisca i figli di Dio in questo cammino, ma di per sé la pazienza non si riferisce al soffrire, si riferisce al rimanere in attesa, a rimanere in attesa del Signore, a rimanere in preghiera, a portare l’attesa, a portare la preghiera, a rimanere in preghiera, questo rimanere in preghiera, cioè rimanere nell’attesa che sia il Signore ad agire: “Sto in silenzio, non apro bocca, perché sei Tu che agisci”.
Come è bello questo versetto del salmo: “Sto in silenzio, non apro bocca, perché sei Tu che agisci.
La pazienza di Cristo è questo “che il Signore dona”, che solo il Signore può donare, è questo “rimanere in attesa”, è questo “rimanere in preghiera”, è questo “rimanere in domanda”, di Cristo, la pazienza di Cristo, è questo “rimanere con gli occhi rivolti al Signore”, al Signore, con i nostri occhi rivolti al Signore. Perché questo alleggerisce la vita, quando gli occhi sono rivolti al Signore.

Se gli occhi sono rivolti a noi, questo appesantisce, il bisogno di per sé appesantisce, la sofferenza di per sé appesantisce, quando invece gli occhi sono rivolti al Signore, la vita diventa leggera. Questa è la pazienza di Cristo. Ma perché, lo pensavo questa sera al termine del rosario recitando la Salve regina, ma perché gli occhi, perché gli occhi del bambino siano rivolti al Signore occorre prima, prima, anzi, in quello stesso momento, occorre che gli occhi del Signore, occorre che gli occhi della Madonna siano rivolti a noi.
Si può alzare gli occhi, si può alzare gli occhi in attesa, si può rimanere in attesa pieni di speranza, si può alzare gli occhi domandando perché innanzitutto, innanzitutto a noi “rivolgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi”. Perché innanzitutto il Signore, perché innanzitutto la Madonna rivolge a noi, rivolge a noi gli “occhi tuoi misericordiosi”. Così si rimane nella pazienza di Cristo, anche se questo rimanere nella pazienza di Cristo può provocare la persecuzione del mondo, ma non tanto la persecuzione dei nemici, degli uomini perversi e malvagi, sì, c’è anche questa, c’è anche questa persecuzione nel cammino dei suoi, ma provoca quella persecuzione che nasce da chi, da chi non ha la grazia di questa attesa, da chi in fondo, in fondo deride chi rimane in attesa, da chi in fondo, da chi in fondo, in fondo, come dire, sì, deride, forse questa è la parola, deride, deride chi rimane in attesa perché invece magari lui essendosi dato da fare ha ottenuto certi risultati.

Ecco la persecuzione che fa soffrire è quella che hanno rivolto a Gesù quando era sulla croce: “Se sei Figlio di Dio, scendi dalla croce e allora ti crederemo”.

La persecuzione che fa soffrire non è quella degli estranei, la persecuzione che fa soffrire è quella del prossimo che in fondo al cuore deride chi per grazia rimane in attesa, per grazia non vuole anticipare nulla, per grazia domanda di domandare, di domandare alzando gli occhi al Signore finché di lui abbia pietà.