III DOMENICA DI PASQUA

GiacomoMessa

Dal vangelo secondo Luca

Ed ecco, in quello stesso giorno [il primo della settimana] due dei [discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo.
Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto».
Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro.
Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?».
Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

OMELIA

“Mostraci, Signore il sentiero di Israele”, ma quando scrisse queste parole del salmo Davide non poteva immaginare che cosa sarebbe, che cosa era il sentiero di Israele. Perché non basta, non basta camminare sul sentiero che conduce a Dio perché il cuore sia felice, non basta sapere la strada perché il cuore sia contento.
I due discepoli camminavano sulla strada eppure erano offesi.
Il sentiero della vita, la strada della vita, dice Paolo, nella lettera agli Ebrei, è la Sua carne, la Sua carne è la via buona e vivente, la Sua carne, è Lui presente, e non basta neppure che sia presente, non basta neppure che si faccia vicino se non lo si riconosce.
Era vicino ai due, e il loro cuore si riscaldava nel loro petto, eppure, eppure non lo riconoscevano.
È Lui che si fa riconoscere.
Il sentiero della vita è la Sua presenza, la Sua presenza nella Sua umanità, la Sua presenza nel Suo corpo, nella Sua carne, nella Sua presenza che si fa vicino, che si fa riconoscere. Quando lo si riconosce quello è il sentiero della vita, quando si è da lui abbracciati, allora anche se si è piccoli piccoli, anche se non si sa camminare, allora, si è portati sul sentiero della vita, allora si è portati in Paradiso.

Ma quando leggo questo brano di san Luca, dei discepoli di Emmaus, mi viene sempre alla mente il commento di sant’Agostino.
Ero ragazzo in seminario, è una delle pagine di sant’Agostino che già mi erano care: “Come può il Signore farsi riconoscere? … dobbiamo essere sicuri … anche noi riconosciamo il Signore. L’assenza del Signore non è un’assenza, è presente”.
Queste parole, così belle, anche poeticamente così belle, mi avevano colpito, come la vita rende queste parole tanto belle! Anzi, diventano più belle, ma come la vita riempie queste parole della concretezza della vita.
Non è solo questione di parole belle, è questione di possibilità di vita, senza la Sua presenza, se non fosse presente, se non si potesse riconoscere, se non si facesse riconoscere nella Sua eucaristia, se non fosse presente con il Suo corpo e il Suo sangue, con la Sua anima e con la Sua divinità, se non fosse presente come era presente a Sua madre Maria quando lo portava in braccio, se non fosse presente non si potrebbe vivere.
Come non sono solo parole belle, come è necessità di vita la Sua presenza, se non fosse presente si comincerebbe a morire qui, prima ancora della morte, se non fosse presente e se non si facesse conoscere, se non si facesse vicino, se non si facesse riconoscere, Lui per sua grazia, Lui per attrattiva sua, se non si facesse riconoscere, se non si facesse amare, se non si facesse amare come sarebbe vuota la nostra povera vita.
Non sono solo parole belle che possono colpire l’intelligenza buona di un piccolo ragazzo, ma nella vita, nella vita sono necessità di vita.
Ci è necessaria la Sua presenza, ci è necessario Lui, Lui, nel suo corpo e nel suo sangue, ci è necessario che Lui si faccia riconoscere, ci è necessario che Lui, Lui si faccia da noi amare.
In questo riconoscimento, in questo farsi amare qui in terra esiste la possibilità di vivere, qui in terra è dato l’inizio del Paradiso.