XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

GiacomoMessa

Dal vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».


OMELIA

sabato 27 OTTOBRE 2007 [Scarica]

La parabola che abbiamo letto è conforto per ciascuno di noi, di noi poveri peccatori.

Questa parabola indica la santità cristiana e in che cosa consiste la santità cristiana.
Consiste, dice san Benedetto nella sua Regola, consiste nel ripetere istante per istante quello che “ille evangelicus publicanus”, quel pubblicano evangelico, è bella l’espressione di san Benedetto, quel pubblicano del Vangelo, che appartiene al Vangelo, appartiene quindi al cuore di Gesù Cristo, quel pubblicano del Vangelo ha ripetuto: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
La santità è quando questa giaculatoria, o Dio, abbi pietà di me peccatore, coincide, tende a coincidere con il respiro della vita.
“Dio, abbi pietà di me peccatore”, questo, dice san Benedetto, è il vertice dell’umiltà, e quindi il vertice della santità, perché Dio resiste ai superbi, ai puri invece dona la sua grazia, “Dio, abbi pietà di me peccatore”.
E quando il Signore dona di ripetere, dona in ogni istante della vita di ripetere, almeno qualche volta dona di ripetere questo o Dio, abbi pietà di me peccatore, e dona di ripeterlo in quella indegnità, come dice il vangelo: “Non osava neppure alzare gli occhi, non osava nemmeno alzare gli occhi, si batteva il petto dicendo…”, quando dona di ripeterlo: “O Signore, non sono degno, o Dio, abbi pietà di me peccatore”, quando dona di ripeterlo, magari nelle lacrime, nelle lacrime del pentimento, cioè nelle lacrime della gratitudine per essere così voluti bene come Pietro quando è stato guardato da Gesù, allora si è ricordato non che lo aveva tradito, se si fosse ricordato che lo aveva tradito sarebbe stato disperato, ma si è ricordato come era stato bello quell’incontro, si è ricordato di come era stato voluto bene in quei tre anni in cui lo aveva seguito, come era stato guardato da Gesù, come in quel momento era guardato da Gesù, con negli occhi quel tesoro di tenerezza e di misericordia, come era voluto bene, si piange per gratitudine, per gratitudine di essere voluto così bene, allora, quando il Signore dona di ripetere: “Dio, abbi pietà di me peccatore”, e ripetere nelle lacrime di gratitudine perché si è così voluti bene, perché si è così amati, allora vuol dire che i Signore, presto o tardi, secondo i suoi disegni, dona anche di ubbidire ai suoi comandamenti, dona anche di non commettere peccato mortale.
Quando il Signore dona questa preghiera, quando il Signore dona queste lacrime, quando il Signore dona di ripetere: “o Dio, abbi pietà di me peccatore”, se lo dona Lui, se Lui dona di ripetere questo col cuore, vuol dire che dona anche, come abbiamo chiesto nella preghiera di questa messa, dona anche di amare i suoi comandamenti poiché possiamo ottenere ciò che Lui promette.
Promette un abbraccio così, promette una tenerezza così, promette una dolcezza così, promette lacrime di gioia così. Perché possiamo ottenere quello che Tu prometti, fa che amiamo quello che Tu comandi.