Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti.
La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce.
Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo.
Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
OMELIA
Iniziamo l’anno della Chiesa, iniziamo il tempo dell’Avvento, iniziamo ascoltando le parole che l’apostolo Paolo rivolge a noi, le parole che sono state l’occasione, insieme alla Grazia del Signore, l’occasione della conversione di sant’Agostino, leggendo queste parole della “Lettera agli Ebrei”: “Non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie, rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo”.
Come è possibile vivere non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie?
È possibile perché chiediamo di essere rivestiti, perché siamo stati rivestiti dal Battesimo e perché domandiamo di essere rivestiti, di conservare questa veste.
“Rivestitevi del Signore Gesù Cristo” perché “senza di me non potete fare nulla.”
Così iniziamo l’Avvento invitando a pregare il Signore perché anche la parola che adesso dico tocca il cuore solo se il Signore tocca il cuore. Voi ascoltate queste parole come avete ascoltato le parole dell’apostolo e le parole di Gesù, ma se Lui non tocca il cuore, queste parole sono come acqua sui sassi.
Bene, così chiediamo al Signore di domandare di essere rivestiti della sua grazia, di domandare.
La legge comanda, la fede domanda, domanda le stesse cose la fede, domanda di non vivere in ubriachezze e gozzoviglie, domanda di non vivere in impurità e licenze, domanda di non vivere in contese e gelosie, quello che la legge, quello che l’apostolo, quello che Gesù nel Vangelo comanda, la fede domanda, domanda Lui perché “senza di me non potete far niente”.
C’è il modo, c’è la domanda, una domanda che viene prima delle altre domande perché è un gesto Suo, ed è il sacramento della confessione.
Io non mi stanco di ripetere: chi si confessa bene, chi si confessa bene, diventa santo, chi si confessa bene, chi all’inizio… magari, all’inizio, la confessione è solo il gesto umile (e di questo, anche di questa umiltà il Signore tiene conto), il gesto umile di ripetere sinceramente: ho fatto questo, ho fatto questo, e poi il Signore può dare la Grazia di piangere, di piangere perché si è così amati, si è così amati noi, poveri peccatori, come quando il figliol prodigo è ritornato. Quell’abbraccio che lo ha alleggerito del suo peccato, quelle braccia del padre che lo hanno sollevato dal peso del peccato e dal peso suo, dal peso di ciascuno di noi.
Chi si confessa bene, chi si confessa bene domandando di confessarsi bene, domandando il dolore dei peccati, (non ce lo possiamo dare noi il dolore dei peccati), chi si confessa bene domandando il dolore dei peccati, chi si confessa bene diventa santo.
Così all’inizio di questo Avvento, di questo nuovo anno, mentre la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti (come è vero che è più vicina, è più cara di quando abbiamo iniziato a credere), mentre la nostra salvezza si avvicina domandiamo: “Vieni, vieni”. Questa breve parola che riassume tutta la domanda del mondo: “Vieni, vieni, Signore Gesù”.
Si spera dicendo: “Vieni”. Il bambino non spera astrattamente nella mamma, il bambino spera che la mamma sia vicina a lui, così la speranza cristiana, la speranza cristiana (anche il Papa in questi giorni ha ricordato) la speranza cristiana si esprime nella domanda, si esprime dicendo: “Vieni, vieni”.
Se qualche volta dal cuore questo “vieni, vieni, Signore Gesù”, se dal nostro povero cuore questo “vieni” nasce per sua Grazia, nasce dal nostro povero cuore, allora il Signore viene, quando dona di dire “vieni”, vuol dire che viene, quando dona di dire col cuore “vieni”, vuol dire anzi che è già venuto, perché non Gli si può dire col cuore “vieni”, se non si è abbracciati, non si può dire col cuore “vieni” se non per la felicità della sua presenza.