Il barbone amico e il miracolo

GiacomoMessa

(tratto dalla meditazione di Pasqua del 18 marzo 2008)

Desidero iniziare questa meditazione da un piccolo episodio che mi è capitato sabato scorso; quando vado a celebrare la messa il sabato pomeriggio alla basilica di San Lorenzo fuori le mura a Roma, mi aspettano sempre, quando arrivo, due barboni, uno alto alto e l’altro piccoletto, perché, siamo diventati amici e gli do sempre qualche soldo in elemosina…c’è proprio un’amicizia con questi due che mi vogliono bene; l’altro sabato avevo detto, dopo aver dato l’elemosina, “dovete dire un’ave Maria perché ho bisogno di un miracolo, ho bisogno che la Madonna faccia un miracolo”.
Sabato scorso c’era soltanto il più piccoletto, gli do l’elemosina poi mi guarda sorridente ma con tutta una domanda e mi dice: “il miracolo è capitato?” e io avevo dimenticato di aver chiesto la preghiera per il miracolo…sul momento poi non ricordavo neppure che miracolo avevo chiesto e quindi gli ho detto “no, prega ancora perché sta capitando”; ma gli ho detto così più per invitarlo, per chiedergli ancora la carità di una preghiera, ma quella domanda con quello sguardo del povero “ma il miracolo è capitato?” è come Peguy dice “il ricco fa i discorsi, il povero domanda”.
Così nella parabola nella parabola del fariseo e del pubblicano è evidente: il ricco, non solo di soldi, fa i discorsi e così il fariseo faceva i discorsi, il povero domanda soltanto, il povero ha bisogno del miracolo per cui non è importante neppure la sua domanda, ma è importante se il miracolo accade e credo che quelli che seguivano Gesù e quelli che lo incontravano e la domanda che destava quando lui passava, perché se non fosse passato i ciechi non avrebbero domandato, quel povero mi ha dato l’immagine di quella domanda, di quella domanda del miracolo e di cui l’importante era l’accadere del miracolo, non era neppure la sua domanda.

Così quel piccolo episodio mi ha come rischiarato sul momento che vive la chiesa del Signore e sulla grande alternativa di questo momento, perché l’alternativa è tra la sua presenza, l’avvenimento che Gesù Cristo è, che si fa incontro, che si dimostra e si mostra nel suo farsi vicino, e quindi che si mostra e dimostra nel miracolo, oppure l’interpretazione religiosa, anche cristiana, anche con parole cristiane, di una vita in cui in fondo non capita nulla.
La grande alternativa mi è sembrata, ma mi è evidente, tra l’avvenimento che si fa vicino, perché si vive dell’avvenimento quando accade l’avvenimento, “le cose che accadevano mentre accadevano mi riempivano di stupore” così Giussani nell’intervista quando ha compiuto gli ottant’anni “le cose che accadevano mentre accadevano mi riempivano di stupore”, l’avvenimento, il miracolo, il miracolo che è segno di Lui, di Lui presente, segno di lui vivo, di lui presente che agisce oppure l’interpretazione.

L’altro ieri c’era una frase tragica, però secondo me come giudizio mi sembra evidente, sul Corriere della Sera; c’era un articolo di commento a un libro di poesie del primate anglicano di Londra, un libro che è uscito in italiano e che ha la prefazione di un padre gesuita di Civiltà Cattolica, che normalmente commenta i fatti letterari. C’era questa frase in questo commento, anche lì parlava dell’alternativa tra la fede che riconosce la presenza e gli “spacciatori di senso”.

La fede è la Sua presenza che si fa vicina (la fede non è il discorso di senso sul mondo e sulla vita) facendosi vicina e corrispondendo al cuore. Questo è il senso, il senso è che quella presenza facendosi vicina corrisponde al cuore, non è il discorso che noi facciamo, magari con parole cristiane.

Allora vorrei iniziare dicendo questa frase di Giussani, una frase che Giussani ha detto nel 95, dal 93 in poi la presenza di San Riccardo Pampuri, la presenza dei santi è stata una costante negli ultimi dodici, tredici anni di vita di Giussani e questa è una delle frasi secondo me più definitive di quel momento e soprattutto di oggi: “Noi siamo in un tale degrado che non esiste più niente di recettivo del cristianesimo se non la bruta realtà creaturale”, come bello questo, esiste solo la natura umana, bruta perché ferita dal peccato, questa è l’unica realtà creaturale storica, la natura umana ferita dal peccato, la bruta realtà naturale, “Perciò è il momento degli inizi del cristianesimo, è il momento in cui il cristianesimo sorge, è il momento della resurrezione del cristianesimo. E la resurrezione del cristianesimo ha un grande unico strumento. Che cosa? Il miracolo. È il tempo del miracolo. Bisogna dire alla gente di invocare i santi perché sono stati fatti per questo”. I santi sono fatti per fare i miracoli. “Si queris miracula…”, inizia l’inno di S. Antonio.
Quando uno come il povero, come quel poveretto di sabato scorso nei miei confronti mi ha chiesto “ma è capitato il miracolo?”, in quell’istante dopo Gesù e i santi del paradiso era la persona più prossima alla mia vita, più prossimo perché il prossimo è colui che ha compassione, come Gesù insegna nella parabola, era la persona più prossima alla mia vita.
L’alternativa è tra il Dio che opera, tra il Dio che è e si rivela reale perché opera, perché questo è il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe e di Gesù Cristo, il Dio che si rivela reale, che è vero perché opera, che è reale perché opera, perché dice Sant’Agostino che il miracolo non è soltanto l’avvenimento della sua presenza ma anche il modo con cui la sua presenza si comunica è miracolo, anche il modo con cui Gesù Cristo si comunica è miracolo.
Così questa sera, teniamo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede…autore, la crea lui la fede, non nasce da noi, la fede non nasce da noi la crea il suo farsi presente la fede, la crea il suo operare la fede, la crea la sua attrattiva la fede, “autore e perfezionatore della fede”, dice la lettera agli ebrei, “teniamo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede”.