Qual’è l’attenzione che la città di Dio ha nei confronti della città terrena

GiacomoMessa

(Estratto da una lezione su S. Agostino)

Qual’è la preoccupazione fondamentale, diciamo così, o qual’è l’attenzione che questa città di Dio ha nei confronti della città terrena, che ha giudicato così, che dice che normalmente è un mattatoio, che normalmente va da un omicidio all’altro?
La città del mondo, quella città che va da un omicidio all’altro, anche quella città ama una sua pace e questa pace che ama non deve essere guardata con rancore, non deve essere condannata.
La pace che la città terrena ama, non deve essere condannata dalla città di Dio, da colui che pone la speranza nell’invocare. Questa pace la città del mondo non l’avrà, perché non la utilizza bene prima della fine; ma che la città del mondo abbia una certa pace (io tradurrei usando la parola compromesso invece di pace) che la città del mondo abbia un certo compromesso interessa anche a noi.
Che nella città del mondo non ci siano sfide non ci siano lotte e in qualche modo ci sia un compromesso interessa anche a noi, anche alla città di Dio.
Questo è il supremo principio politico dei cristiani, non ne esiste un altro!
Il supremo principio politico dei cristiani è che nella città del mondo ci sia in qualche modo un certo compromesso, che può anche dire, detto in termini addirittura più realistici, che nella città del mondo nessuno vinca troppo.
La storia della Chiesa in duemila anni non conosce nessun altro principio!
Non conosce il principio che chi vince deve essere morale, assolutamente! Non conosce il principio che chi vince deve rispettare i valori cristiani, assolutamente! Conosce come principio che chi vince non vinca troppo, perché se qualcuno vince troppo la libertà di questa città di Dio in pericolo, se invece nessuno vince troppo, il compromesso, che il potere reale, “là dove c’è guadagno c’è patria” (non bisogna mai dimenticare il livello reale del potere) il compromesso che il potere deve in qualche modo stabilire garantisce la libertà.
In duemila anni di storia la Chiesa non ha mai avuto nessun altro criterio!
E quando al Concilio Vaticano II volevano in qualche modo suggerire altri criteri (c’è stata un battaglia abbastanza dura e a dire il vero, l’attuale Papa era dalla parte di quella minoranza che poi ha perso anche per intervento di Paolo VI), suggerire criteri, diciamo così, culturali.
Il Concilio ha stabilito che il principio fondamentale del rapporto con il potere è la Libertas Ecclesiae.
La Libertas Ecclesia vuol dire la possibilità che io possa vivere la fede, e quindi la possibilità, in qualche modo, che il potere politico sia costretto a un compromesso in modo tale che questa questa realtà così inerme, non possiamo non partire da qui, questa realtà che ha come occupazione porre la speranza nel domandare (ma più inerme di così!) questa realtà abbia uno spazio di libertà più grande.
Perché fin quando le due città sono mischiate insieme, anche noi usiamo del compromesso di Babilonia (con la parola Babilonia, Agostino indica la città del mondo proprio nel suo porsi contro la città di Dio), noi abbiamo bisogno del compromesso del mondo.
E da questa pace di Babilonia il popolo di Dio è liberato attraverso la fede, e soltanto provvisoriamente il popolo, questa città è pellegrina dentro questa circostanza di pace, dentro queste circostanze di compromesso.
Per questo l’apostolo ammonisce la Chiesa, perché preghi, anche questo è bellissimo, perché preghi per coloro che hanno potere, non perché li cambi, è proprio importante, non perché li cambi, ma perché li giudichi, e magari la conseguenza del giudizio è il martirio, ma di per sé non perché li cambi; “abbiamo detto di ubbidire a Nerone quando era Nerone”, non perché li cambi, perché li giudichi, e il giudizio può portare al martirio, ma non ha come attività l’attività di creare una politica cristiana la città di Dio.

Dobbiamo pregare per quelli che hanno il potere per poter vivere una vita quieta e tranquilla, perché questa realtà, che ha come attività suprema il porre la speranza nel domandare, possa vivere la sua attività, dentro le circostanze del mondo, dentro le condizioni del mondo; poi cita il profeta Geremia in uno dei brani più belli dell’Antico Testamento, quando Geremia dice al popolo: “Andate in esilio! Dovete andare in esilio”, Geremia per questo è accusato di disfattismo, è mandato in esilio e ucciso per questo.
“In esilio dobbiamo pregare per la pace di Babilonia, perché che Babilonia viva in pace interessa anche noi. La nostra pace è che anche Babilonia viva in pace. Perché, provvisoriamente, la pace è comune”.

Agostino nei confronti dei tentativi politici ha un atteggiamento che chiamerei, con una parola, ironico, e c’è una frase bellissima di Agostino quando parla degli storici di Roma, che vale secondo me proprio nei confronti dei tentativi politici.
Dopo aver detto che il compromesso politico interessa anche noi, dopo aver detto che la città di Dio ubbidisce alle leggi dello Stato e non ha il problema, di per sé, di cambiarlo, “non curans”, dice proprio con un termine tecnico, non ha il problema di cambiare le leggi dello Stato.
Dopo aver detto tutte queste cose, dice “ma perché gli storici di Roma hanno hanno tanto idealizzato la loro città?” (che Agostino amava, quando Roma è stata invasa nel 410, primo a piangere per la distruzione della sua città, quando Alarico ha invaso Roma è stato Agostino, quindi voleva essere romano e amava la sua città) e diceva “perché non avevano l’esperienza di un’altra città più bella”; allora erano portati ad idealizzare (e questo è uno sguardo pieno di ironia anche di fronte all’idealizzazioni dei partiti politici), non avendo esperienza di una cosa più bella sono portati idealizzare i loro progetti, sono portati idealizzare i loro programmi. Siccome non hanno questa esperienza di una cosa più bella, di una città più bella, non hanno esperienza di questo, allora sono portati a idealizzare la città che hanno, diciamo il loro partito.

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