“Da perenne gaudium”.
Come è bella la sequenza di Pentecoste che inizia con questa domanda che racchiude tutto, tutto quello che il cuore dell’uomo attende.
“Dà gioia perenne, dà perenne gaudio”.
Questa gioia perenne, questa felicità perenne, lo abbiamo ascoltato nella lettera di Paolo, questa felicità perenne noi già l’abbiamo nella speranza. Non la vediamo ancora, non vediamo ancora che cos’è la felicità perenne, è più grande del cuore, tant’è vero che Gesù dice che è il cuore che entra nella felicità: “Entra nella gioia del tuo Signore”.
Non la vediamo ancora eppure nella speranza, nella speranza, cioè nell’iniziale stupore di questa felicità, nella speranza già siamo felici. Lo Spirito Santo è questa possibilità. Lo Spirito Santo è la possibilità di rispondere al dono di Dio. Come è bella questa felicità: non è nostra la risposta: non è che di qua c’è Gesù e di qua siamo noi che rispondiamo. Se fosse così sarebbe difficile la vita cristiana. Se fosse così sarebbe impossibile. È che di qua c’è Gesù e di qua siamo noi attirati dal dono di Gesù. Noi che riceviamo l’inizio, l’inizio del dono di Gesù, noi che riceviamo l’amore di Gesù, l’attrattiva di Gesù.
È innanzitutto “grazie” la risposta dell’uomo.
Come è bello il dogma cristiano. Dice che è innanzitutto “grazie” la risposta dell’uomo. Non rispondiamo noi, è il dono di Dio che ci fa rispondere, è il dono di Dio che attira il cuore e ci fa rispondere.
E come ci fa rispondere?
Donando il piacere di rispondere, perché si risponde solo per piacere.
L’uomo può solo servire ciò che piace di più, è inevitabile che sia così, si risponde perché il piacere di rispondere, il piacere di corrergli dietro, il piacere di essere abbracciato, il piacere di domandare “vieni e il mio cuore unisci a te”, il piacere di questa verità indicibile e gloriosa, il piacere di questo fa rispondere, lo Spirito Santo è il compimento del dono.
Da quando ho letto questa espressione di sant’Ilario, che i preti hanno letto anche l’altro giorno nel breviario: lo Spirito Santo è il primo compimento del dono, del dono che è Gesù, del dono che è sua presenza, del dono che è il suo sangue, del dono che è Lui presente, lo Spirito Santo fa godere del dono, e così si risponde, e così si corre dietro al dono, perché si gode del dono, e così si dice grazie del dono perché si gode del dono.
“Da perenne gaudium”. Come è bella la vita cristiana in cui in fondo noi non dobbiamo fare nulla se non lasciarci, lasciarci prendere in braccio e lasciarci portare.
E questo è il vertice, è il vertice della libertà, la libertà si compie nel pieno abbraccio, la libertà si compie quando è abbracciata, la libertà si compie quando il piacere, il piacere di essere abbracciato trabocca, trabocca in felicità, che non possiamo possedere, ma che è reale, che non possiamo possedere perché si può perdere, e si perde con ogni peccato mortale, ma che è reale, è reale la felicità di essere abbracciati, è reale la felicità di correre dietro a quella ignota ricchezza: “Oh ignota ricchezza! Oh ben ferace!” dice Dante descrivendo la corsa dei primi discepoli dietro a Francesco, dietro a Colui a cui Francesco correva dietro, “O gioia in terra” e a noi conosciuta, a noi lo Spirito Santo ha dato di conoscere, dice Paolo, quello che occhio non vide, quello che orecchio non udì, a noi è stato rivelato, a noi il Paradiso è già stato donato.