Dal Vangelo secondo Marco
Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?».
Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi».
I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».
Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
OMELIA
Sabato scorso un bambino, il cui papà gli ha chiesto cosa avevo detto nella predica, ha risposto che avevo parlato della gloria e del silenzio. Come mi ha colpito che un bambino di sei anni avesse detto “della gloria e del silenzio”.
Oggi è la festa della gloria, della sua gloria. Della sua gloria che si nasconde sotto le apparenze del pane e del vino. Le apparenze, cioè quello che gli occhi vedono, quello che la bocca gusta quando mangia, le apparenze sono del pane e del vino, sotto quel bianco velo, come cantiamo, sotto le apparenze del pane e del vino c’è la sua presenza, c’è realmente, sostanzialmente, il suo corpo, il suo sangue, la sua anima, la sua divinità, la sua gloria, la sua gloria in cielo, sotto le apparenze del pane e del vino.
Come è umile questo sacramento, santissimo e divinissimo sacramento.
Più umile di così: la sua gloria si nasconde sotto i segni del pane e del vino.
E di fronte a questa gloria come è bello innanzi tutto essere qui, è il mettersi in ginocchio, è il guardare, è guardare questa gloria, questo Dio nascosto.
“Adoro Te, devote”, ti adoro, adoro vuol dire mettersi in ginocchio, vuol dire mandare un bacio, adoro te devote, devotamente, devotamente: per questo il silenzio è l’espressione viva di questo guardare e di questo domandare.
“Adoro te devote, latens Deitas”, o Dio che ti nascondi, così questo silenzio, questo mettersi in ginocchio, questo guardare la gloria di Colui, “latens Deitas”, nascosta sotto le specie del pane e del vino.