9 OTTOBRE 2010

 

Come viene spontaneo al cuore ripetere l’invocazione degli undici lebbrosi: “Gesù, abbi pietà di noi, Gesù, maestro, abbi pietà di noi”. Come è di conforto, di consolazione! Quante volte celebrando la messa penso che è Gesù stesso che ringrazia per noi.

L’eucarestia vuol dire ringraziamento, e alla nostra così povera capacità di dire grazie è Gesù stesso che supplisce per noi, è Gesù stesso che ringrazia per noi. “In ogni cosa, diceva san Paolo, in ogni cosa, rendete grazie”. Nella santa messa Lui rende grazie al Padre per noi, al posto nostro, per ogni cosa, per ogni dono.

Così anche al mattino e alla sera, nella preghiera del “Ti adoro”: “Ti adoro, mio Dio, ti amo con tutto il cuore, ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano”, quel dirgli grazie del mattino e della sera in fondo abbraccia ogni cosa, questo povero nostro “ti ringrazio” abbraccia ogni cosa e quel grazie che Gesù dice diventa così puro, diventa così perfetto che nulla, nulla è paragonabile alla santa messa.

Padre Pio diceva con un’immagine paradossale, diceva: il mondo potrebbe vivere senza il sole (non è vero perché il mondo non potrebbe vivere senza il sole), ma in fondo non potrebbe sussistere senza la santa messa. Questo è più vero, è più vero che il mondo non potrebbe esistere senza la santa messa.

Il brano di Paolo al suo discepolo prediletto, nell’ultima lettera che Paolo scrive prima del suo martirio, qui nella messa queste parole di Paolo ricordano Gesù Cristo, qui nella messa questo ricordo è totale, questa presenza è totale, qui nella messa, nelle sua memoria, Lui che fa memoria di noi, Lui che si ricorda di noi: “Figlio mio, ricordati di Gesù Cristo, risorto dai morti, della stirpe di Davide, col primo annuncio del mio Vangelo, per il quale io sono il primo a portare le catene come un malfattore, ma la parola di Dio non è incatenata perciò io sopporto ogni cosa per gli eletti, per quelli che Dio ha scelto, perché anch’essi raggiungano la salvezza, che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna.”.

Poi c’è questo canto, questo canto che Paolo mette nella sua ultima lettera, questo canto così bello, che così conforta il cuore: “Questa parola devi ripetere: ‘Se moriamo con Lui, con lui anche vivremo”. Tante volte mi viene in mente la beatitudine dell’Apocalisse, dice: “Ho udito un angelo che diceva dal cielo: “Beati quelli che muoiono nel Signore, se moriamo con Lui, con Lui anche vivremo, se adesso preghiamo con Lui anche regneremo, se lo rinneghiamo, Lui pure ci rinnegherà”.

Il Signore non permetta, non permetta che lo possiamo rinnegare: Se manchiamo di fede (e rinnegarlo in fondo è una mancanza di fede), se però manchiamo di fede, Lui però rimane fedele perché non può rinnegare se stesso”.