Carità e Grazia

 

Reciteremo il “Veni Creator”, dopo la comunione, cui la santa Chiesa oggi aggiunge l’indulgenza plenaria alle condizioni sempre della Chiesa: di essere in grazia di Dio, di essersi confessati, di ricevere l’Eucarestia, di pregare per il santo Padre.

E poi la condizione soggettiva: di chiedere, di desiderare, rifiutare ogni peccato, di liberarci dalla schiavitù del peccato.

“Si comprehendis non est Deus”, se lo comprendi non è mistero di Dio, ma la santa Chiesa dice dello Spirito Santo. “O Spiritus fons vivus, ignis, caritas”, lo Spirito Santo è la carità, lo Spirito Santo dona la carità, la carità è la grazia di Dio.
Come mi è evidente, anche in questa settimana, come mi è evidente la differenza tra un impeto buono che la natura umana può avere nei confronti, magari, del bisogno di una persona, e quando il gesto nasce dalla carità, cioè dalla grazia del Signore.

Se non si è in grazia di Dio non si può, non si può vivere la carità, la carità è la grazia di Dio.

C’è una differenza incredibile: è buono qualche gesto di affetto, di attenzione, di rispetto, è buono il gesto anche di chi è in peccato mortale, è dogma di fede che il peccato mortale di per sé non toglie l’affetto, ma il peccato mortale toglie la carità.

C’è una differenza infinita tra il gesto compiuto da chi è in grazia di Dio, da chi rimane in grazia di Dio, da chi, confessandosi, ritorna in grazia di Dio, e il gesto buono, pur buono, ma che non dura, come è evidente che non dura, di chi non è in grazia di Dio, di chi non rimane in grazia di Dio.

La carità è la grazia di Dio, la carità è essere in grazia di Dio. E c’è un accenno, secondo me è la cosa che in questi anni più mi ha unito a tanti di voi: che questa carità, questa carità non parla, questa carità vive in silenzio, in silenzio.

Questa carità nasce dalla grazia di Dio, è tutta tesa a vedere quello che il Signore fa. “Sto in silenzio, non apro bocca, perché sei Tu che agisci”, con “quel tacer pudico che accetto il dono ti fa”, così Alessandro Manzoni proprio nella Pentecoste. “Con quel tacer pudico che accetto il don ti fa”.

Come è importante il silenzio, come è importante il silenzio, come abbiamo imparato per grazia di Dio, a chi il Signore ha dato questa grazia, l’importanza del silenzio. Non si possono aggiungere parole, si può soltanto riconoscere quello che fa il Signore, si può solo riconoscere quello che fa il Signore.

Come è importante il silenzio… certe volte mi viene da pensare quando vedo certi ragazzi grandicelli che non entrano in chiesa e non si fermano alla soglia della chiesa. Poi, magari, guardo certe volte qualche adolescente che in chiesa parla, secondo me è più facile che ritorni quello che magari non viene a messa che non quelli che in chiesa parlano, ma perché è proprio così evidente, così è evidente che è il Signore che fa, è il Signore che chiama e non si può aggiungere niente, il Signore tocca Lui i cuori.

E poi questa carità, questa carità… parlo degli adolescenti, non parlo dei bambini, perché il parlare dei bambini in chiesa fa parte della preghiera, ma poi questa carità rende possibile il perdono, rende possibile il perdono.
Ma questa carità che lo rende possibile realmente domanda, domanda al Signore questa carità, così che in questa domanda si esprime tutta la nostra libertà.

Tante volte in questi giorni ripeto: “infunde amorem sensibus”, tu o santo Spirito infondi la beata carità ai sensi, “infunde amorem sensibus, infirmam nostri corporis virtutem firmas”, e anche l’occasione della vita rende in fondo più facile ripetere “infirmam nostri coportis virtutem”, il nostro corpo è infermo, mentre tu “virtute firmas me”, tu risana e fortifica con la tua potenza, con la tua potenza me.

Così lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, così lo Spirito ci fa riconoscere il Signore.

Nessuno può dire “Gesù è il Signore” se non nello Spirito Santo.

In questa affermazione, “Gesù è il Signore”, sta tutta la salvezza dell’uomo.