Meditazione Pasquale 10 aprile 2001

Basilica del Santo Meditazione Pasquale 10 aprile 2001

PADRE DOMENICO: A nome mio personale e di tutta la comunità dei frati di questa Basilica del Santo vi porgo il più fraterno benvenuto a questa celebrazione. Trovo molto bello e valido, in questa settimana, un momento dedicato a una meditazione e ad una riflessione, un momento di preghiera accanto a Gesù, che vive la sua ultima settimana, i suoi ultimi giorni su questa terra. Commentando il Vangelo che abbiamo letto ieri, quello della cena là dove Maria rompe il vaso di unguento prezioso per ungere i piedi di Gesù e il profumo si espande, mi veniva da pensare che forse, come Maria, anche noi possiamo fare qualcosa materialmente inutile. Ricordate il brano del Vangelo, Giuda che dice “perché questo spreco? Si poteva vendere e dare ai poveri” e Gesù risponde “no, lasciatela”; ecco: essere un po’ come questo unguento. Non facciamo, qui, questa sera, niente di umanamente utile, umanamente forse stiamo perdendo tempo, ma facciamo qualcosa di prezioso; il profumo di questo unguento che si espande e che aiuta anche noi a dare onore e a stare vicino al Signore che si prepara a vivere gli ultimi giorni della sua vita terrena, con l’augurio, che diventa certezza nella fede, che, partecipando alla sua passione e morte, possiamo giungere anche noi alla gioia della resurrezione.

DON GIACOMO: Prima mi colpiva, guardando il capolavoro del Donatello che avete davanti, come sotto la croce ci fosse la Madonna con in braccio Gesù bambino. Perché tutto è iniziato lì, tutto è iniziato nel cuore e nella carne di quella ragazza di nome Maria, tutto è cominciato con quel “ti saluto, piena di grazia” e con quel “eccomi”.

(Angelus)

Questa sera prima di venire qui don Lucio mi ha trascritto su un foglietto una frase che Papa Onorio, quando ha approvato la regola di Francesco, ha scritto come raccomandazione a Francesco e ai suoi frati. Diceva che quando parlavano al popolo cristiano dovevano essere brevi le loro parole, breve il loro discorso perché “Dominum fecit verbum abbreviatum super terram” perché il Signore ha fatto questa cosa grande sulla terra, ha preso tutte le parole che sono scritte nella scrittura, ha preso tutte le cose che sono segno suo nella creazione e le ha tutte abbreviate nel suo Verbo fatto carne, perché non sono le parole in primo piano, ma una presenza. Tutte le parole sono racchiuse in questa presenza. Quando Maria lo allattava, quando lo guardava, quando lo guardava addormentarsi nelle sue braccia, tutto il Mistero di Dio era la carne di quel bambino. Tutto, non c’erano parole, il riconoscimento stupito e commosso di sua Madre come nessuno mai l’ha riconosciuto e lo potrà riconoscere così come lo ha riconosciuto e lo ha amato sua madre. Tutto, tutto era quel bambino e tutto era lo stupore e la commozione di quella ragazza che stringeva il suo bambino. Il bambino dell’Eterno Padre. Le parole sono soltanto eco di una commozione così, sono soltanto riverbero di una commozione così. Quando il Signore concede una commozione, uno stupore così, allora le parole, le stesse parole sono come trasfigurate da questo stupore, ma è grazia sua, è predilezione sua. Sabato sera quando ho letto nella messa prefestiva la passione di Gesù secondo il vangelo di Luca (quella che abbiamo ascoltato in questa domenica delle Palme) quando ci si mette in ginocchio dopo la narrazione della sua morte, ero pieno di gratitudine, come mi capita da un po’ di tempo quando ci si mette in ginocchio quando si legge che “Gesù spirò”. Era quest’anno una gratitudine perché a quegli avvenimenti mi era stato dato di partecipare. Non avevo mai percepito una cosa così chiara e così semplice: a quegli avvenimenti che erano stati raccontati, a me, povero peccatore, era stato dato di partecipare e di partecipare senza portarne il peso, perché il peso lo aveva portato tutto Lui. “Egli portò il peso dei nostri peccati sul legno della croce”. Mi era dato di partecipare a quegli avvenimenti che erano accaduti duemila anni fa e che erano continuati ad accadere tant’è vero che avevano incontrato me, tant’è vero che avevano coinvolto anche me, avevano commosso anche me. Mi era dato di parteciparvi senza portare il peso di quella tragedia, di parteciparvi come un bambino. I bambini possono essere dentro una tragedia e non se ne accorgono neppure. Partecipare a questa cosa che chiamiamo Cristianesimo come un bambino, per cui tutto il peso era stato portato ed era portato da un Altro mentre quelle scintille o quelle stelle di rugiada di stupore e di commozione raggiungevano il mio cuore e abbracciavano il mio cuore. Si chiama memoria questa partecipazione a quello che è accaduto duemila anni fa e che accade e che continua ad accadere. La memoria cristiana è il riconoscimento di una cosa presente che è iniziata ad accadere duemila anni fa in Palestina.
Questa sera voglio soltanto accennare brevissimamente a cinque frasi del vangelo.

La prima è quando durante la passione Gesù sale al Calvario “ …e costrinsero un tale Simone di Cirene che veniva dalla campagna a portare la croce con Gesù” ( e Marco nel vangelo aggiunge padre di Alessandro e Rufo, vuol dire che i figli di questo Simone erano diventati cristiani ed erano conosciuti). Com’è semplice questa immagine, perché era capitato, era capitato lì, dice Peguy, al momento giusto e al posto giusto. Non aveva fatto nulla per capitare al momento giusto. “Felice colui che si trovò lì giusto il momento in cui doveva portare la sua croce”. E’ così il cristianesimo, innanzi tutto una cosa che capita, innanzi tutto una cosa che accade, un caso fortunato. Prima di tutto è questo, prima di ogni atteggiamento nostro. Simone che veniva dalla campagna non è che si è preparato a quell’incontro. Veniva come tutte le sere dalla campagna, stanco del suo lavoro. Non è che si è preparato, che ci ha pensato. Veniva e per caso quella volta è capitato lì quando quel condannato al supplizio della croce stava andando al supplizio e non ce la faceva più neppure a portare il legno del suo supplizio e allora lo costrinsero, (anche questa frase è bellissima) non è che ha detto la porto io, è stato coinvolto, diciamo, quasi contro la sua volontà. L’inizio è proprio così, è un caso che accade, poi uno si accorge che quel caso è dentro un disegno di predilezione, poi, quando uno legge nel breviario “Ti ho amato di amore eterno e per questo ho avuto pietà di te”. Dopo. All’inizio è un caso, perché che mio papà e mia mamma a tre giorni dalla nascita mi abbiano portato in chiesa per battezzarmi è un caso, poteva anche non accadere così. Che cosa ho fatto io perché mio papà e mia mamma mi portassero a battezzare? Niente. E poi, come mi ricordava la mia povera mamma, dopo il battesimo si è messa in ginocchio con me davanti all’altare della Madonna. Che cosa ho fatto io per una cosa così? Niente. Eppure tutte le benedizioni che il Signore ha dato alla mia vita forse, (forse perché anche questo è nel disegno di Dio) sono sicuramente legate al battesimo e forse anche a questo gesto così umano di mia mamma che si è messa in ginocchio con me in braccio dopo il battesimo. E’ così la vita cristiana, non parte da noi, non parte dall’atteggiamento nostro, parte da qualcosa che capita come a Simone di Cirene.

La seconda frase del vangelo è quella di uno dei due malfattori, dei due assassini, perché per essere condannati alla croce bisognava essere degli assassini, non era un supplizio per delitti minori. Uno dei due, quando l’altro ripeteva le parole che i capi del popolo, i sacerdoti dicevano “se sei figlio di Dio scendi dalla croce”, quando l’altro diceva “salva te stesso e salva anche noi” questo assassino “ … lo rimproverava. Neanche tu hai timore di Dio benché condannato alla stessa pena, noi giustamente perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male. E aggiunse: Gesù ricordati di me quando entrerai nel tuo regno. Gli rispose: in verità ti dico, oggi sarai con me nel Paradiso” Era capitato anche a lui di essere suppliziato con Gesù e che cosa ha fatto di diverso dell’altro che bestemmiava? Ha fatto la cosa più semplice, ha guardato quel condannato come lui e l’ha chiamato Gesù “Gesù ricordati di me”. E’ facile essere cristiani, basta questo, basta questo riconoscimento “Qui latroni confitenti paradisi ianuas aperuisti” dice il breviario Tu che all’assassino che ti ha riconosciuto, che non ha fatto nulla, che ti ha detto solo Gesù, basta. Basta questo nome, Gesù ricordati di me. Era come il pubblicano in fondo al tempio che diceva “Signore abbi pietà di me peccatore”.
Questa è la fede cristiana. Sant’Ambrogio dice “brevi fide” con una fede brevissima, ha detto solo Gesù ricordati di me . Basta solo questo riconoscimento e subito si è nel Paradiso con Gesù perché il Paradiso è Lui. Subito si è abbracciati, subito si è accolti, subito si ritorna a casa come il figliol prodigo. “..oggi sarai con me in paradiso” . Viviamo in un mondo in cui da un certo punto di vista la religiosità è impazzita. Quando all’inizio del secolo Elliot diceva che sarebbero venuti meno tutti gli dei tranne la lussuria, l’usura e il potere, in fondo non prevedeva che è così, ma non solo così. Insieme a questi dei che sono rimasti, è rimasta anche una religiosità impazzita, il tentativo dell’uomo di salvarsi lui con le sue mani. La religiosità impazzita, dall’occultismo al satanismo, in fondo è l’alternativa più grave a questa semplicità della fede cristiana. Non la presunzione di salvarsi, che arriva sempre alla magia, basta questa cosa così semplice, Gesù ricordati di me. Più semplice di così!

La terza cosa che volevo accennare (vangelo di Giovanni che ascolteremo venerdì santo) è che presso la croce stava sua madre Maria, Maria Maddalena e presso sua madre Giovanni, “il discepolo che Gesù amava”. Che cosa viene chiesto a noi che per grazia lo abbiamo incontrato, che per grazia abbiamo detto, dopo, Gesù abbi pietà di me , Gesù ricordati di me, che cosa è chiesto a noi? E’ chiesto di stare, come san Giovanni nel suo vangelo aveva intuito e poi scriverà tante volte, quest’unica cosa, a noi è chiesto di rimanere con questa presenza incontrata, di rimanere così come siamo. “Stava presso la croce Maria sua madre, Maria di Magdala colei che era stata una prostituta e il discepolo che Gesù amava” E’ chiesto solo questo, solo di rimanere, ma per rimanere bisogna essere così prediletti come è stata prediletta in maniera unica sua madre, Maria, come è stato prediletto Giovanni, il discepolo cui Gesù voleva bene. Per questo le preghiere più semplici come il “Ti adoro” al mattino e alla sera o come la recita del rosario, che intelligenza contengono queste preghiere! Sono proprio l’alternativa alla presunzione impazzita dell’uomo, alla presunzione religiosa, non alla presunzione nel fare i peccati, (quella in fondo non è così grave), alla presunzione religiosa dell’uomo, al volere purificarci da noi, al volere salvarci da noi. Le preghiere del popolo cristiano, il recitare l’ “Ave Maria”, il recitare il rosario, che intelligenza di fede, che umanità semplice, che sanità umana contengono. Si ripete cinquanta volte “prega per noi peccatori”, non siamo neppure capaci di pregare e allora chiediamo a colei che è rimasta presso la croce di suo figlio, a colei che è rimasta, anche in quella tragedia, chiediamo di pregare per noi. “Prega per noi peccatori” più semplice di così, prega per noi peccatori adesso, in questo istante. Com’è grande la tradizione del popolo cristiano, come è stato benedetto il popolo cristiano, per esempio, per aver recitato il rosario, perché è proprio l’alternativa, ma non perché si vuole fare l’alternativa, ma è la sanità della fede rispetto all’impazzimento della religiosità umana.

Il quarto accenno è quando quel mattino, il mattino dopo il sabato, quando Maria Maddalena corre al sepolcro di buon mattino e vede il sepolcro vuoto e allora di corsa va da Giovanni e Pietro e dice “..hanno portato via il Signore e non so dove l’hanno posto” e allora Giovanni e Pietro corrono, dice proprio così Giovanni nel suo vangelo, che corrono al sepolcro. Perché quando si rimane, anche quando tutto è buio, anche quando quella presenza per cui si rimane viene meno, perché è morto realmente, è stata reale la sua morte e quando l’hanno visto deporre nel sepolcro era proprio finita per loro, tranne che nel cuore di Maria, (ma questo solo il Mistero di Dio l’avrà conosciuto) era proprio finita per loro ogni speranza, ma quando si rimane, anche in questo buio, allora appena c’è l’indizio piccolissimo che qualcosa può accadere, allora uno si mette a correre e Giovanni ,siccome era più prediletto corse più di Pietro, non solo perché era più giovane, anche, ma perché era più prediletto, perché l’attesa che qualcosa potesse accadere era più grande nel suo cuore. Giovanni arriva al sepolcro primo, e qui è bellissimo perché aspetta Pietro, perché c’è questo rispetto per l’autorità della Chiesa, c’è questo rispetto per quello che il Signore ha stabilito, non per colui al quale il Signore vuole più bene (voleva più bene a Giovanni), ma per colui che aveva stabilito come primo tra gli altri apostoli. Allora aspetta che arrivi anche Pietro e poi entrano e vedono le cose che c’erano nel sepolcro e Pietro non comprende, Giovanni invece intuisce, Giovanni incomincia a credere. Intuisce che quello che il Maestro aveva accennato e che allora non avevano capito “..il terzo giorno risusciterò” intuisce che poteva essere vero, intuisce che poteva essere realmente risorto. Non s’è inventato nulla, gli apostoli non si sono inventati che era risorto, sono stati alle cose, sono stati solo alle cose. Se non lo avessero visto sarebbero tornati a casa senza speranza come i due di Emmaus che se ne stavano tornando a casa senza speranza. Sono state quelle cose. Giovanni, da quei pochi indizi ha incominciato a credere che era risorto.

L’ultimo accenno a un brano del vangelo è quando Maria quel mattino stava davanti al sepolcro e piangeva. Com’è commovente il pianto di questa donna! Tutto quello che le era accaduto nella vita era finito, tutto era finito. Non si può rimanere cristiani per una idea vera, non si può. Le idee vere non fanno compagnia alla vita, si rimane cristiani per la realtà di una presenza. Quando questa realtà era morta, e per Maria era stata addirittura portato via il corpo e non sapeva dove era stato messo, quando questa realtà non è presente non si può rimanere cristiani. Non si rimane cristiani per le idee vere, si rimane cristiani per la grazia di questa presenza. Senza questa grazia, senza l’attrattiva di questa presenza le idee vere non salvano la vita, le idee vere non fanno compagnia alla vita. Le idee vere possono addirittura diventare violenza verso se stessi e verso gli altri. E’ la grazia di una presenza, la realtà di una presenza, è l’attrattiva di una presenza, e questa presenza si avvicina a Maria di Magdala e lei, credendo che sia il giardiniere, gli dice “..se sei stato tu a portarlo via dimmi dove l’hai posto?” e Gesù la chiama soltanto per nome “Maria” e allora lei si volta e lo guarda e risponde “Maestro” e poi Gesù dice quella frase stupenda, perché quella è la nostra condizione, qui in terra indica la nostra condizione, “..non mi trattenere, non sono ancora asceso al Padre mio”. Non lo possiamo trattenere, non si può trattenere la Grazia, è sempre Grazia. Questa è la condizione della Chiesa qui in terra, in paradiso sarà il possesso, saremo posseduti pienamente, qui non si può trattenere, qui siamo sempre, sempre, sospesi all’attrattiva della sua presenza, siamo sempre sospesi alla sua Grazia. Siamo sempre sospesi allo stupore che la sua presenza desta in noi. Non si può trattenere lo stupore, non si può trattenere la commozione, è una cosa presente lo stupore e la commozione. “Non mi trattenere” così a questa donna che era stata la prostituta di Magdala, così in questa donna viene indicata la condizione della fede, la condizione della nostra fede.

Concludendo vorrei rileggere con voi questa preghiera della liturgia ambrosiana. Questa mattina mi è stato dato un foglio con alcune parole che don Giussani ha rivolto ai novizi dei memores Domini in cui concludeva dicendo “..la potenza dell’uomo è tutta nella preghiera”. La potenza è tutta nella preghiera, non si può trattenere, se fossero delle idee allora si potrebbero trattenere, essendo una presenza vivente non si può trattenere, si può domandare, non mi trattenere vuol dire che si può domandare, come un bambino che non può trattenere neppure l’affetto di suo papà e sua mamma, ma lo può domandare. Siamo così noi, non possiamo trattenerlo ma lo possiamo domandare. Questa domanda è onnipotente, questa domanda destata da Lui, questa domanda può tutto. La potenza dell’uomo si chiarisce e si illumina nella preghiera. Nella domanda, non nella presunzione e nella pretesa di salvarci da noi, non nella presunzione religiosa, ma nella domanda. Prega per noi peccatori.

Rogamus Te Domine Deus
quia peccavimus tibi
veniam petimus quam non meremur.
Manum tuam porrige lapsis
qui latroni confitenti
paradisi ianuas aperuisti.
Vita nostra in dolore suspirat
et in opere non emendat.
Si expectas non corrigimus
Et si vindicas non duramus

Preghiamo te Dio Signore perché abbiamo peccato contro di Te, chiediamo un perdono che non meritiamo, stendi la tua mano a noi che siamo caduti, (con lapsi venivano indicati coloro che tradivano la fede, coloro che durante la persecuzione per paura del martirio tradivano la fede, quindi il peccato più grave eppure anche ai lapsi, anche per coloro che tradivano la fede c’è il perdono) Tu che all’assassino, al ladro, al buon ladrone che ti ha riconosciuto hai aperto le porte del paradiso. La vita nostra sospira nel dolore ma non si corregge nelle opere, (la nostra vita geme nel dolore e anche se sospira per questo non cambia, non basta il sospiro per rendere buona la vita, non si corregge nelle opere, la sofferenza di per sé non rende buona la vita, anzi la sofferenza la rende più cattiva) se Tu attendi noi non ci alziamo, non ci correggiamo, non ci convertiamo, se Tu attendi, se Tu stai ad attendere, se non prendi l’iniziativa, per usare le parole di Papa Luciani il giorno prima della sua improvvisa morte, se Tu non prendi l’iniziativa io non parto, se Tu attendi senza prendere l’iniziativa io non mi correggo, se Tu ti vendichi contro di noi, noi periamo.
Manum tuam porrige lapsis qui latroni confitenti paradisi ianuas aperuisti Porgi la tua mano a noi poveri peccatori, Tu, che all’assassino che ti ha riconosciuto, che ha detto solo “Gesù ricordati di me quando sarai nel tuo regno”, Tu che a questo assassino hai aperto le porte del tuo regno “oggi sarai con me in paradiso”.

(testo non rivisto dal relatore)